Il Mondo dei Replicanti: quanto siamo diversi dai nostri surrogati?

Immaginate un futuro non troppo lontano in cui ogni individuo può disporre di un secondo corpo. Controllandolo a distanza nella sicurezza della propria casa, ognuno può fare tutto quello che vuole senza correre il rischio di esporre sé stesso in modo diretto… e se questo lo facessimo già ogni volta che accediamo ai servizi del web?

Oggi ho rivisto Il Mondo dei Replicanti, un film di fantascienza del 2009 con Bruce Willis, e mi ha stuzzicato qualche ragionamento. Guardate il trailer, almeno i primi 30 secondi: spiega perfettamente il contesto sociale di cui vi vorrei parlare.

Una vita videogiocata

La mattina ti svegli, ti metti sulla poltrona, indossi la cuffia ed esci di casa con il tuo surrogato per fare tutto quello che faresti con il tuo corpo. Ma potresti anche usare un surrogato di aspetto diverso dal tuo, di un’altra età o sesso. E con il fatto che ricevi le informazioni sensoriali, potresti fare esperienze che con il tuo corpo non faresti mai, evitando danni fisici, malattie o problemi morali nascondendoti dietro un’altra identità. Un po’ come già facciamo sul web, proteggendoci dietro avatar digitali. Anche se sono indirette, sfruttiamo il nostro secondo corpo digitale per provare esperienze che sono fuori dalla nostra portata, sia per la realizzabilità che per la loro pericolosità. I videogiochi ci offrono scenari di guerra, folli corse con auto sportive o viaggi in mondi di fantasia. Proprio in questi giorni sto giocando a Fallout 76… sopravvivere in un mondo post-atomico insieme ad altri giocatori, in effetti è divertente.

Nel film non mancano riferimenti a dinamiche tipiche dei videogiochi, come quel receptionist che si scusa per non aver risposto subito perché era andato in bagno lasciando il suo surrogato in stand-by. Oppure quei soldati che non si fanno tanti scrupoli a distruggere il proprio surrogato durante un addestramento. C’è una scena di inseguimento in auto in cui il pilota non si fa problemi ad investire un gran numero di passanti… tanto sono solo surrogati che possono essere riparati o sostituiti. Una scena che mi ha ricordato molto le stragi “involontarie” che si fanno su GTA.

Il nostro surrogato social

Credo però che questi vantaggi dovuti agli avatar digitali si rifletta anche nei social network. Con un profilo possiamo partecipare in modo quasi anonimo a gruppi su Facebook che i nostri conoscenti potrebbero considerare di dubbia moralità, litigare tra i commenti di un video su YouTube senza particolari conseguenze nella nostra vita fisica, pubblicare foto riguardo le nostre passioni più segrete in un forum di appassionati. Questa libertà altera la nostra morale o semplicemente ci dà la possibilità di esprimere un aspetto che già fa parte di noi? E quanto ciò che teniamo nascosto dietro il nostro avatar digitale, con il tempo, può trasparire nel nostro mondo fisico?

Nel film una piccola percentuale di cittadini rifiuta l’uso dei surrogati e condanna questa pratica come immorale, arrivando a rifiutare il mondo che li circonda e compiere azioni discutibili. Anche lo stesso protagonista, per quanto faccia uso di questa tecnologia, ad un certo punto sente il bisogno di un contatto fisico vero e non con il surrogato della persona amata. Lei invece, per via di una brutta esperienza, è portata a nascondere al mondo il proprio corpo, lo tiene segregato nella sua stanza e usa il surrogato per vivere una nuova vita, quasi come un filtro della realtà. E questo porterà il protagonista ad entrare in conflitto con la tecnologia dei surrogati che lo tiene lontano dai propri affetti.

Siamo pur sempre la stessa persona

In un articolo di qualche mese fa sulla serie Altered Carbon, ho già parlato di questo problema: concedersi in modo esclusivo ad una tecnologia può portarci ad impoverire il nostro lato umano. Ne è esempio, in Il Mondo dei Replicanti, la differenza tra i replicanti ben vestiti, curati, giovani, atletici in contrapposizione con l’aspetto trasandato dei corpi originali di chi li controlla, tristi sulle loro poltrone nelle camere da letto isolate dal mondo. Come se il loro vero corpo sia qualcosa che non serve più. Anche Bruce Willis ci viene presentato con due volti. E vederlo prima da surrogato e poi in originale… fa un certo effetto.

Non sono qui a demonizzare l’uso delle tecnologie informatiche, trovo che il web sia una risorsa fondamentale per questa società e i videogiochi un passatempo a cui non potrei fare a meno. Dico solo che, come in ogni cosa, bisogna sempre trovare un equilibrio tra la nostra vita digitale e la realtà fisica. Tutto quello che facciamo nella prima, in qualche modo, si riflette nella seconda. Nel web o in carne ed ossa, siamo pure sempre la stessa persona.

Un film da vedere, tra i tanti

Non è un capolavoro della fantascienza, ma consiglio vivamente la visione de Il Mondo dei Replicanti. La trama è ben costruita e l’interpretazione di Bruce Willis è sempre un piacere. La quantità di scene d’azione è equilibrata in un film che, per gli standard odierni, è un po’ corto: 1 ora e 28 minuti. In fatti il film va dritto al punto, senza tanti fronzoli. Ma meglio corto che allungato con scene inutili. Lo trovate in streaming su vari portali.

Ho scoperto oggi che è un adattamento di una graphic novel in cinque numeri dal nome “The Surrogate”. Dopo l’uscita del film, è stata pubblicata da Rizzoli/Lizard in un unico volume. Potrebbe essere un acquisto interessante.

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